Scuola di Specializzazione in Medicina
e Cure Palliative: è legge

ITALO PENCO

Presidente SICP

Pervenuto il 28 luglio 2020.

Riassunto. Con l’approvazione per legge della Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative giunge a compimento un lungo iter, aperto dalla promulgazione della legge 38/10, in tema di formazione in Cure Palliative. La Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative, insieme alla preesistente individuazione della Disciplina in Cure Palliative, rappresenta un necessario presupposto per garantire una formazione di alta qualità ed una solidità del percorso professionale per i futuri medici palliativisti a beneficio di un una corretta risposta ai bisogni del malati e dei loro cari.

Parole chiave. Cure palliative, specialità in cure palliative, legge 38/10.

Speciality in Medicine and Palliative Care: now it is law.

Summary. With the approval by law of the Specialty in Palliative Medicine and Care, a long process, opened by the promulgation of Law 38/10, on training in Palliative Care is completed. The Specialty in Palliative Medicine and Care, together with the pre-existing identification of the Discipline in Palliative Care, represents a necessary prerequisite for guaranteeing high-quality training and a sound professional path for future palliative care physicians for the benefit of a correct response to the needs of the sick and their loved ones.

Key words. Palliative care, specialty in palliative medicine, law 38/10.

La Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative è ora una realtà.

L’Italia oggi si pone come una delle nazioni più avanzate, a livello europeo e forse nel mondo, nell’organizzazione delle cure palliative per la popolazione adulta e pediatrica.

Non si può negare che l’iter burocratico e normativo nel nostro Paese è stato tortuoso e lungo, ma nel campo delle cure palliative questo periodo è stato costruttivo e ha portato a ottenere i risultati più ambiti al fine di creare i presupposti per garantire al cittadino malato il diritto a non soffrire.

Il percorso tracciato negli anni non può non far riferimento a chi, in Italia, ha fondato le cure palliative. Vittorio Ventafridda fu, infatti, colui che ruppe gli schemi culturali che sembravano impenetrabili, mettendo in evidenza quanto si morisse male nella nostra società e nello stesso tempo quanto fosse indispensabile praticare la Medicina Palliativa, una disciplina attenta alla multidimensionalità dell’uomo e quindi ai bisogni dei malati e dei loro familiari.

Le competenze mediche per la gestione dei sintomi, quelle per la comunicazione e le relazioni, quelle etiche piuttosto che sociali, fanno parte della dimensione professionale complessa del palliativista, necessaria per affrontare la complessità dei bisogni del malato e della sua rete affettiva, e connotano le cure palliative come una disciplina che deve essere studiata e approfondita perché specialistica.

Nel 2002 l’Organizzazione Mondiale della Sanità rafforza questa affermazione sulla base di evidenze scientifiche, aggiorna la definizione di cure palliative introducendo il nuovo concetto di “cure palliative precoci” e sottolineando l’importanza della presa in carico non solo dei malati oncologici, ma di tutti coloro che sono affetti da malattia inguaribile.

Cominciò così una nuova modalità di prendersi carico dei malati, non più sulla base del tempo residuo di sopravvivenza, ma sulla valutazione della complessità dei bisogni portando ad un aumento della platea delle persone fragili che possono usufruire di questo tipo di cure per i cambiamenti demografici correlati ad un incremento della vita media e a quelli epidemiologici correlati alla prevalenza crescente delle patologie cronico-degenerative.

Allo stesso tempo, venne sempre più sancito il diritto del malato a poter scegliere, attraverso il consenso informato, come pianificare anticipatamente le cure, oltre a poter esprimere le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT).

Si arrivò a definire sempre più precisamente l’ambito di azione della Disciplina di Cure Palliative che prese forma nella Rete nazionale di Cure Palliative disegnata nel Servizio Sanitario Nazionale.

Il vero punto di partenza del percorso normativo in cui si venne a strutturare il modello di cure palliative è descritto nella Legge 38 del 10 marzo 2010.

Il modello della continuità delle cure e della presa in carico globale è qui declinato in maniera puntuale, dall’organizzazione delle Reti, dalle competenze del personale impegnato nell’assistenza e dal percorso formativo obbligatorio.

Da quando è stata promulgata la legge, anno dopo anno, si sono raggiunti obiettivi importanti che hanno consolidato il disegno costruito nel tempo dalla nostra Società Scientifica e dalle Istituzioni attraverso tavoli di lavoro specifici che hanno completato il mosaico formativo in questi giorni, con l’istituzione della Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative.

Dal 2012 si sono susseguiti molti provvedimenti attuativi, dal documento dei requisiti minimi per la costituzione delle Reti di cure palliative e del dolore per gli adulti e pediatriche, all’istituzione della Disciplina in cure palliative all’interno dell’Area Medica e della Diagnostica e dei Servizi nel 2013; l’istituzione dei Master universitari di formazione e qualificazione in cure palliative e terapia del dolore hanno contribuito ad arricchire le conoscenze di chi era già inserito nell’attività professionale, ma aveva bisogno di aggiornamenti formativi.

I passi fondamentali e propedeutici all’inserimento delle cure palliative nel mondo accademico sono stati quelli che hanno portato all’inserimento di crediti formativi universitari nei corsi di laurea dei medici e delle altre professioni sanitarie al fine di garantire una formazione di base uniforme a tutti i giovani neolaureati, necessaria per abbattere la barriera culturale verso una medicina che non può guarire, ma che ha obiettivi nobili e fondamentali per la qualità di vita delle persone inguaribili.

Oggi, finalmente, si è arrivati a comprendere che la formazione di un medico in cure palliative è una formazione specialistica, alla pari di tante altre discipline.

Aver vissuto il dramma pandemico COVID-19 ha permesso di comprendere ancora più a fondo le vere necessità del sistema sanitario e le priorità per la salute dei cittadini che devono essere tutelati per il proprio benessere psico-fisico a prescindere dal tempo di sopravvivenza residua che gli rimane o dalla patologia di cui sono affetti.

Il COVID-19 ci ha messo di fronte a un “cambiamento d’epoca”, come ha affermato Papa Francesco, che ha trovato tutti impreparati, ma nei momenti difficili è importante reagire e soprattutto individuare e sfruttare le opportunità che si presentano, per fare delle scelte che possano “trasformare velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero”.

La prima opportunità è stata sfruttata e il sistema sanitario ha percepito come fondamentale e strategico inserire questa nostra Disciplina nella rete dei servizi per la salute delle persone; la seconda opportunità sarà quella di strutturare solidi programmi didattici negli Atenei che saranno individuati per i primi corsi di specializzazione, al fine di organizzare un percorso formativo, teorico e soprattutto pratico, che prepari adeguatamente i futuri medici ad affrontare la nuova sfida per il bene comune e per il benessere dei malati.

Unitamente dovrà essere fatta un’attenta valutazione del fabbisogno dei medici palliativisti, a partire dallo stato attuale, per rispondere alle esigenze del sistema sanitario in tutti i setting assistenziali della Rete di cure palliative. Sarà importante riuscire a programmare il numero di specialisti necessari a coprire le esigenze del sistema sanitario, consapevoli del fatto che esiste oggi una carenza generale di medici di tutte le specialità e che si dovranno attendere diversi anni prima di poter avere un numero di medici palliativisti adeguato alle esigenze attuali, nonostante si sia data la possibilità a molti professionisti che avevano maturato un’esperienza accertata, di acquisire l’equipollenza di specialista attraverso la legge di bilancio del 30 dicembre 2018. Ad oggi, solo due regioni hanno riconosciuto il titolo a chi ha presentato l’istanza e non sappiamo quanto questa operazione apporterà numeri significativi tra gli specialisti della disciplina. È molto verosimile che non esisteranno altre sanatorie, perché probabilmente non porterebbero alcun beneficio quantitativo e qualitativo concreto.

Le nostre forze dovranno essere orientate a modelli assistenziali che possano dare risposte appropriate al sistema, in attesa di poter avere un numero adeguato di specialisti, così come sta accadendo in tutti i Paesi del mondo, per poter sviluppare le cure palliative, anche attraverso la ricerca, che potrebbe trovare nell’ambito accademico quel terreno fertile che completerebbe la figura dello specialista.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.