Le cure palliative durante il Covid-19:
affrontare l’emergenza, ripensare il futuro?

La situazione al 31 marzo 2020

FERDINANDO GARETTO1,2, MONICA SEMINARA1,2, STEFANIA FABBRI2, BARBARA BAROLO1,
LUCIO BUFFONI2, ALESSANDRO VALLE1

1Fondazione FARO; 2Humanitas, Gradenigo, Torino.

Pervenuto il 4 aprile 2020. Accettato il 9 aprile 2020.

Riassunto. Nei primi mesi del 2020 l’emergenza SARS-Covid-19 ha determinato un profondo cambiamento nella sanità e nella società. Anche il mondo delle cure palliative si è trovato ad affrontare una situazione completamente nuova, persino rispetto al concetto stesso di ‘fine vita’. Da una parte sono aumentate la sofferenza e la sensazione di abbandono dei malati ‘cronici’, dall’altra è emerso, forse in modo non compiuto, quanto le cure palliative possano avere un ruolo specifico nelle emergenze sanitarie (cfr. la guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ‘Integrating palliative care and symptoms relief into the response to humanitarian emergencies and crises’, WHO 2018). Nell’articolo vengono presentati i primi risultati di una riflessione fra operatori di cure palliative di tre servizi (domiciliare, hospice, ospedale) distinti per tematiche: 1) i vissuti degli operatori nei diversi contesti; 2) le diverse modalità operative messe in atto; 3) le specificità di attivazione di cure palliative nell’emergenza. Nei prossimi mesi probabilmente queste riflessioni e proposte si arricchiranno di altre esperienze condivise per un sistema di cure palliative sempre più integrate nel modello di Sanità che dovrà ridefinirsi una volta terminata questa fase emergenziale.

Parole chiave. Cure palliative, SARS-Covid-19, organizzazione.

Palliative care during Covid19: facing the emergency, rethinking the future? The situation on March 31, 2020

Summary. In the early months of 2020, the SARS-Covid-19 emergency led to a profound change in healthcare and society. Even the world of palliative care has found itself facing a completely new situation, also regard the concept of ‘end of life’. On one side, the suffering and the feeling of abandonment of the ‘chronically ill’ have increased, on the other it emerged, perhaps in an incomplete way, how much palliative care can play a specific role in health emergencies (see the World Health Organization’s guide ‘Integrating palliative care and symptoms relief into the response to humanitarian emergencies and crises’, WHO 2018). The article presents the first results of a reflection between palliative care operators of three services (home, hospice, hospital) distinguished by topics: 1) the experiences of operators in different contexts; 2) the different implemented strategies; 3) the specificities of activating palliative care in an emergency. In the next months, these reflections and proposals are going to be implemented with other shared experiences for a palliative care system increasingly integrated in the Healthcare model which will have to be redefined once this emergency phase is over.

Key words. Palliative care, SARS-Covid-19, organization.

Introduzione

Il 31 dicembre del 2019 la Cina segnalava all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’insorgenza con evoluzione crescente e diffusiva di casi di una polmonite nella provincia di Whuan, causati da un nuovo tipo di coronavirus, il 2019-nCovid, successivamente chiamato SARS-Covid-19. Già nel mese di gennaio venivano segnalati casi di importazione in almeno quattro continenti1, ma velocemente l’epidemia si è trasformata in emergenza planetaria. I modelli di controllo delle precedenti emergenze da epidemie virali (SARS 2003, Ebola 2014) si sono dimostrati non idonei per la definizione di strategie appropriate, portando inizialmente e almeno in alcuni messaggi ‘tranquillizzanti’ rivolti all’opinione pubblica, a una sottovalutazione della pericolosità del nuovo ceppo. Dal mese di febbraio lo scenario è drammaticamente cambiato, a partire dall’evidenza della complessiva maggior letalità a livello mondiale fino alla dichiarazione di pandemia dall’11 marzo del 20202.

Le caratteristiche di evolutività ben presto hanno sconvolto le normali procedure di tracciabilità e di isolamento dei focolai, diventati apparentemente incontrollabili e non circoscrivibili, determinando un profondo cambiamento nella sanità e nella società. L’Italia è stato il primo Stato europeo colpito in modo rapidamente diffusivo, e i provvedimenti governativi si sono succeduti disegnando uno scenario inimmaginabile anche solo poche settimane prima: si sono susseguiti anche a livello mediatico, oltre che politico, veloci cambiamenti, da una prima fase di minimizzazione (“L’Italia non si ferma”, sostanzialmente bipartisan) al successivo innalzamento della soglia di attenzione (prime limitazioni, la chiusura delle scuole) con decisioni progressivamente più rigorose (la zona rossa e le zone arancioni) fino al dichiarato stato di emergenza (l’Italia zona rossa, “stiamo a casa”) e alla crisi conclamata (il dramma delle rianimazioni, dei decessi esponenziali, delle sepolture senza riti di commiato).

Anche il mondo delle cure palliative (CP) si è trovato ad affrontare una situazione completamente nuova, in cui il concetto stesso di ‘fine vita’ a cui eravamo abituati in Occidente (quello delle patologie cronico-evolutive) improvvisamente è tornato a presentarsi nella drammaticità delle pandemie dei secoli scorsi. Da una parte sono aumentate la sofferenza e la sensazione di abbandono dei malati ‘cronici’, dall’altra è emerso, forse in modo non compiuto, quanto le cure palliative possano avere un ruolo specifico nelle emergenze sanitarie.

Si rimanda al sito della Società Italiana di Cure Palliative per l’elenco delle successive normative che si sono succedute a partire da fine febbraio e per un’ampia panoramica nazionale e internazionale3.

Obiettivi

In questo articolo, elaborato nel pieno dell’emergenza SARS-COVID-19, vogliamo contribuire a una riflessione e rielaborazione sugli atteggiamenti, le procedure e la presenza stessa dei servizi di CP in questo complesso ed epocale periodo storico.

Un importante riferimento è il documento dell’OMS del 20184 che mette in evidenza il ruolo indispensabile delle CP nelle crisi umanitarie (comprese le “epidemics of life-threating infections”) in quanto in tali emergenze il dolore è “globale” nelle sue quattro componenti fisica, psicologica, sociale e spirituale.




Un testo di grande attualità che mette in evidenza gli effetti immediati sui malati (dolore, sintomi, angoscia, isolamento), le sequele fisiche, psicologiche, sociali (“stigma”) nei sopravvissuti, la necessità di supporto agli operatori (sofferenza psicosociale, distress post-traumatico, esposizione a rischio vita per sé e per i propri congiunti). Rilevante infine la sottolineatura di quanto le competenze specifiche dei palliativisti possano affiancare quelle dei servizi emergenziali contribuendo non solo ad un’adeguata cura del fine vita, ma anche ad un aumento della sopravvivenza globale (i principali ambiti di intervento delle cure palliative nelle crisi umanitarie sono schematizzati nella tabella 1). Come vedremo la gran parte di questi aspetti trova riscontro nei vissuti “sul campo” degli operatori dei servizi di CP.

Metodi

Alcune società scientifiche hanno tempestivamente messo a disposizione della comunità degli operatori sanitari una serie di raccomandazioni e linee guida5 relative ai punti nodali della crisi. Ne citiamo tre a titolo di esempio (non in ordine cronologico), particolarmente rilevanti:

la SIMEU ha redatto un agile vademecum delle “cose da non fare” e di “quelle da fare” nell’accoglienza e gestione dei flussi emergenziali, sottolineando tra l’altro la centralità della comunicazione con pazienti e famiglia e del supporto degli operatori6;

la SIAARTI ha focalizzato l’attenzione sul tema rilevante delle scelte etiche di rianimazione e di fine vita, non esclusivamente basate sull’allocazione delle risorse, ma evidenziandone la drammaticità7;

la SIMG ha dato rilevanti informazioni sulla gestione domiciliare, in particolare con utili indicazioni alla gestione dei pazienti “fragili”8.

Anche il mondo delle CP si è sentito chiamato direttamente in causa nella gestione di una situazione così complessa e rapidamente cambiata rispetto ai normali scenari assistenziali. Molto utili sono stati gli spazi di condivisione in rete. Per esempio, il blog “sipuodiremorte” ha raccolto con tempestività e lucidità i nuovi interrogativi e dato voce ai tentativi di risposta di fronte al capovolgimento epocale del concetto stesso del morire9-11.

A partire da marzo 2020, ben sapendo che una rielaborazione organica di questo periodo storico sarà possibile solo fra molto tempo, abbiamo cominciato a interrogarci su questi nuovi scenari cercando di raccogliere alcuni spunti dalle testimonianze e dalle riflessioni degli operatori della fondazione FARO di Torino attivi in città e Provincia nei servizi di cure palliative domiciliari (nelle ASL Città di Torino-TO3-TO4-TO5), in tre hospice (“Ida e Sergio Sugliano”, “Ida Bocca”, “Ospedale di Lanzo”) e ospedaliere “simultaneous care” (presso il Presidio Humanitas Gradenigo di Torino).

In particolare ci siamo focalizzati su tre ambiti:

1. i vissuti degli operatori nei diversi contesti;

2. le diverse modalità operative messe in atto nelle prime successive fasi;

3. le specificità e le potenzialità di attivazione di CP nell’emergenza.




Mentre il lavoro quotidiano subiva quotidianamente brusche e rapide modifiche, ci siamo innanzitutto trovati davanti ad alcuni interrogativi subentranti rispetto a necessità anche in contrasto fra loro che riportiamo nella tabella 2.

Risultati

Raccogliamo in questo lavoro le prime riflessioni, alcune sono semplici spezzoni di frasi, di operatori di CP attivi in modo integrato nei diversi setting di cura, condivise nei giorni dell’emergenza.

A domicilio

È emersa ancora una volta l’enorme potenzialità dell’assistenza domiciliare, a nostro parere non sufficientemente valorizzata nelle normative e nei comunicati degli organi di coordinamento. Per esempio, la riduzione degli accessi ospedalieri e delle uscite di casa dei malati fragili ha avuto un fondamentale ruolo protettivo. D’altra parte si è evidenziata la necessità di semplificazioni (meno operatori nelle visite di valutazione) e riduzione dei passaggi burocratici (non sempre di facile attuazione); purtroppo ci si è confrontati anche con la diminuzione delle risorse (per esempio la sospensione dell’attività dei Volontari o di molti servizi di supporto). Rilevante l’aumentata esposizione al rischio (“l’operatore a mani nude”, in attesa dei primi, spesso tardivi, Dispositivi di Protezione Individuale). Abbiamo anche osservato la peculiarità (risorsa e problematica) dei caregiver forzati: “senso e significato” (più familiari a casa, quindi maggiore possibilità di accudire i malati) o “il danno e la beffa” (trovarsi senza lavoro e con un familiare da accudire)? Un valore che sarà da supportare da dati numerici è stato certamente quello di evitare inutili accessi in Pronto soccorso per malati in condizioni già globalmente compromesse alla comparsa di sintomi potenzialmente riferibili al contagio: con tutte le necessarie attenzioni di protezione per i familiari e per gli operatori, la pianificazione condivisa del percorso di cura ha consentito di evitare inutili ricoveri o rischio di trattamenti sproporzionati, garantendo così il decesso presso il domicilio e con la vicinanza “protetta” dei congiunti.

In Hospice

Ci si è trovati a mettere in discussione i paradigmi di apertura e di accoglienza (tutti possono venire... a qualsiasi ora... di qualsiasi età...); la richiesta di cambiamento è stata rapida e non sempre, almeno all’inizio, si è stati sufficientemente tempestivi nel mettere in discussione modelli consolidati e “fondanti”. L’Hospice ha continuato ad essere il luogo protetto, ancora di più nel tempo della “paura” di morire da soli in luoghi anonimi, ma è stato necessario trovare nuovi modi per mantenere elevata l’umanizzazione a fronte della protezione da garantire (‘l’operatore mascherato”?; evitare rischi inutili, ma può bastare “lo sguardo”, limitando il contatto fisico e la vicinanza?). Nel territorio regionale la risposta degli Hospice è stata fin qui diversa, con modalità più o meno restrittive a seconda anche delle diverse normative delle Aziende Sanitarie. Un interrogativo per il futuro sarà probabilmente quello di una maggior flessibilità del sistema in occasione di eventi così inattesi e a rapida evoluzione.

In ospedale

Nella fase iniziale di progressiva riduzione al minimo degli interventi non indispensabili ci si è messi in discussione anche rispetto alla reale necessità di alcuni percorsi ‘simultanei’. Ma già dopo pochi giorni è emersa in modo prepotente la necessità di trovare nuovi tipi di percorso e di assistenza (il cancro non si ferma, nel caso dell’oncologia). Crescendo la difficoltà di accedere in ospedale (e anche la giusta paura di uscire di casa) è emersa l’importanza di contatti frequenti (telefonici o mail o whatsapp) con chi non può raggiungere l’ospedale e “non è ancora” da cure palliative Hospice o domiciliari. Con la progressiva evoluzione della crisi, le necessità ulteriori sono state (e sono tuttora) quelle dell’approccio al dolore globale (dei pazienti, dei familiari, degli operatori). La paura dei pazienti... le frasi in sala d’attesa (“noi saremo i primi a morire”) disegnano quasi un nuovo “memento mori”. Si sono manifestati trasversalmente gli interrogativi etici, tra un nuovo accanimento anche nelle cronicità (“i morti nelle rianimazioni con poli-patologie... dovevano tutti andare in rianimazione?”) e i rischi di “selezione aprioristica” e di abbandono dei più fragili o considerati tali.

Il “fine vita” e il controllo dei sintomi
nei reparti COVID

Come palliativisti ci è stato chiesto di definire percorsi specifici per la sedazione palliativa per i pazienti in fase avanzata-irreversibile di polmonite da SARS-COVID-19 di cui è stata esclusa l’indicazione rianimatoria. Da considerare che nell’emergenza in molti ospedali si sono formate per necessità èquipe composte da specialisti di campi molto lontani dai percorsi di fine vita, che si sono “messi in gioco” in una dimensione così diversa dal loro lavoro quotidiano. Nella tabella 3 vengono riportate le indicazioni redatte in urgenza dal gruppo di lavoro “Fine vita in ospedale” operativo da diversi mesi in Humanitas Torino, su richiesta da parte degli operatori dei diversi reparti come supporto pratico (e quindi necessariamente semplici e sintetiche)13. Il ruolo delle CP si è confermato essere anche prezioso nel controllo dei sintomi COVID-correlati e terapie-correlati, contribuendo così al superamento della fase acuta, alla corretta conduzione dei trattamenti e in definitiva al miglioramento delle possibilità di ripresa e guarigione.

Nella rete socio-assistenziale ci si è trovati ad affrontare le quarantene dei soggetti fragili, l’isolamento dei caregiver positivizzati e la cura dei loro congiunti, i percorsi dei pazienti “guariti” dal COVID-19, ma rimasti soli per la morte di un loro congiunto (moltissimi sono i malati ricoverati contemporaneamente al coniuge o a altri familiari). L’esperienza di operatori abituati da anni a costruire percorsi di continuità assistenziale anche con risorse sempre più ristrette si è dimostrata un cardine essenziale nella gestione dell’emergenza.

Il supporto agli operatori

Le CP sono specialiste nella presa in carico del dolore globale e hanno un ruolo specifico nel supporto degli operatori in prima linea, provati da turni massacranti, drammaticità degli eventi, preoccupazione per sé e – ancora di più – per i propri familiari. In particolare lo psicologo palliativista ha un background specifico che lo rende figura indispensabile in un contesto traumatico come quello che stiamo vivendo. L’esperienza di attivazione di un supporto dedicato all’interno dell’Ospedale si sta dimostrando di grandissima utilità (figura 1). Emerge, e si aggiunge a tutto quanto sopra da cui siamo tutti toccati, la “fragilità sociale” degli operatori di cure palliative, spesso libero-professionisti di organizzazioni no-profit con scarse tutele socio-previdenziali (un esempio è la sospensione forzata dell’attività a seguito di ‘quarantena’ da contatto con soggetto positivo).




Da non trascurare gli aspetti spirituali, che irrompono prepotentemente in una crisi di tali dimensioni. Significativo in tal senso, anche se aneddotico, quanto avvenuto in Italia la sera del 19 marzo 2020, quando la trasmissione televisiva del rosario per l’Italia ha raggiunto il 13% di share, ponendosi al secondo posto dell’audience in quella serata superato solo dall’ultima puntata di una notissima fiction (dato inimmaginabile anche solo un mese prima). Nella figura 2, un’immagine del 26 marzo durante la preghiera in mondovisione per l’emergenza coronavirus. Nell’impossibilità per gli assistenti spirituali di raggiungere i reparti, alcuni operatori hanno “imparato” a benedire con una preghiera o con un gesto rituale i morenti, a volte in contatto telefonico con i familiari lontani, oltre che ha farsi carico come depositari delle volontà di sepoltura secondo le specifiche tradizioni religiose. Un grande impatto concreto ha avuto in Humanitas Gradenigo la scelta di provvedere alla disponibilità di tablet per videochiamate14, anche utilizzati nelle ultime ore di vita per un messaggio di presenza e la possibilità mediata di un saluto e di un commiato.

Conclusioni

L’emergenza SARS-COVID-19 ha costretto ad una profonda riflessione anche sull’essenza stessa delle CP. In un periodo storico in cui le cure di fine vita erano spesso al centro dell’attenzione (quasi come se fossero diventate “il futuro” del Sistema Sanitario della piramide demografica invertita), improvvisamente la priorità è tornata ad essere anche mediaticamente quella dell’urgenza e delle rianimazioni (‘salvare le vite’), quasi con un sottaciuto ritorno al passato (‘ma in fondo a che cosa servono le cure palliative?’). Innegabilmente è emersa la necessità di una riflessione critica (abbiamo costruito un modello che è un lusso ‘di una società da ricchi’?).

Ci sembra che l’emergenza abbia aperto invece alcune prospettive di sviluppo e di ancora più incisiva presenza delle CP nel cambiamento:

È probabilmente davvero il momento delle cure palliative 4.0, tema previsto per il prossimo Congresso Nazionale della Società scientifica. La necessità di limitare il contatto e di isolare i malati ci ha “costretti” ad utilizzare al meglio e in maniera fino a ieri inaspettata le potenzialità degli strumenti tecnologici, che fino a ieri sembravano essere quelli che ci allontanavano dai pazienti. Così come per la società in generale, il ruolo “comunitario” di tali strumenti dovrà essere valorizzato al massimo anche per i prossimi passaggi: quale sarà il lento ritorno alla normalità? E quali limitazioni e vincoli resteranno in un tempo che immaginiamo non breve?

Dopo l’emergenza, sarà indispensabile una nuova riflessione antropologica (per certi versi è tornata “la morte improvvisa... libera nos Domine...”): non solo morte per cronicità (ma è davvero una novità, o si era data troppa enfasi alle tematiche del fine vita sempre su base ‘degenerativa’?). Quante morti senza saluto… senza presenza… senza commiato funebre… Sarà forse il tempo di un ripensamento del concetto stesso di Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), non più riferite a un possibile futuro (“ora per allora”) a margini a volte non definiti, ma drammaticamente rese attuali dalla “morte possibile”, rapida, in solitudine, da cui ognuno, indifferentemente da età, condizione di salute, ruolo sociale si è sentito almeno inconsciamente sfiorato. Saremo ancora così certi che “il tubo in gola” (così descritto in alcuni moduli prestampati per le DAT) sia sempre da rifiutare? Eppure proprio questa drammatica vicenda ha dimostrato l’urgenza di attuare pienamente la legge 219/2017, non solo rispetto alle DAT che dovranno essere incentivate, meglio contestualizzate e deburocratizzate, ma in particolare rispetto a quella pianificazione condivisa della cura che è probabilmente il messaggio più forte su cui dovremo riflettere (sono state numerose le testimonianze di anziani che hanno chiesto di rimanere a casa, anche in presenza di sintomi ingravescenti, ben comprendendo il significato della loro scelta). In ogni contesto sarà sempre più necessaria la presenza dei palliativisti nei percorsi e nelle discussioni di fine vita, a supporto delle reti territoriale così come nei reparti a maggiore intensità terapeutica e assistenziale.

Diventerà probabilmente necessario per il futuro, in una Sanità che dovrà necessariamente rifondarsi, formare e strutturare le CP anche come strumento ‘di emergenza’, con modalità di attivazione e presa in carico da ripensare4: mini-equipe mobili? Interventi “spot” in situazioni a rapido scompenso o alto rischio, anche se potenzialmente reversibili? Possibilità di interventi specificamente psicologici e psicosociali a supporto degli specialisti delle aree intensive? O anche, in una situazione come questa, aree degli hospice come luogo di elezione per la quarantena in isolamento di pazienti fragili o soli, dopo la dimissione dai reparti per acuti in attesa della negativizzazione?

In tale prospettiva saranno forse da ripensare i percorsi di segnalazione – valutazione – autorizzazione – programmazione – prima visita – pianificazione – presa in carico (che si sono dimostrati inadeguati a dare risposte immediate all’emergenza), altra faccia della società 4.0 in cui ogni casellina deve essere al suo posto prima dell’attivazione del servizio.

Nei prossimi mesi probabilmente queste riflessioni si arricchiranno di concretezza ed esperienze condivise. Sappiamo, e ne abbiamo voluto citare almeno due in bibliografia15-16, di Hospice che hanno saputo rimodularsi immediatamente nei territori più colpiti nella fase acuta dell’emergenza: la loro testimonianza sin d’ora ha un valore immenso per ognuno di noi e la rielaborazione che ne seguirà, quando ci sarà il giusto tempo fisico, mentale ed emotivo per farlo, sarà un contributo fondamentale per un sistema di CP sempre più integrate in quel modello di Sanità che dovrà ridefinirsi una volta terminata – speriamo presto - questa sconvolgente prova.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Phelan AL, Katz R, Gostin LO. The novel coronavirus originating in Whuan, Chia. Challenges for Global Health Governance JAMA Published online January 30.2020.

3. SICP Società Italiana di Cure Palliative, www.sicp.it/la-questione-del-momento-epidemia-sars-cov-2/

4. WHO World Health Organization. Integrating palliative care and symptom relief into responses to humanitarian emergencies and crises: a WHO guide. World Health Organization, 2018.

5. SICP Società Italiana di Cure Palliative, www.sicp.it/aggiornamento/linee-guida-bp-procedures/

6. SIMEU Società Italiana di Medicina d’Urgenza e Emergenza. “Prima Linea COVID - 10 COSE” file:///C:/Users/f/Downloads/SIMEU_10cose_Prima_Linea_Covid-19_NEW.pdf

7. SIAARTI Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva. Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione www.siaarti.it/SiteAssets/News/COVID19 - documenti SIAARTI/SIAARTI - Covid19 - Raccomandazioni di etica clinica.pdf

8. SIMG Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie. Pazienti infetti da Sars-Cov-2: indicazioni per assistenza domiciliare https://www.simg.it/Coronavirus/home-care-completo_18-03.pdf

12. Garetto, F, Cancelli F, Rossi R, et al. Palliative sedation for the terminally ill patient. CNS Drugs 2018; 32: 951-61.

13. Documento AIFA/SICP Farmaci off-label in cure palliative (CP). www.sicp.it/normative/nazionali/2020/02/pubblicazione-in-g-u-delle-determine-aifa-sulluso-dei-farmaci-off-label-in-cp/ GU 03/12/2018

15. Di assoluto rilievo l’esperienza dell’equipe di cure palliative diretta da Raffaella Bertè a Piacenza, che sarà un riferimento per il ripensamento futuro sul ruolo delle cure palliative in emergenza: https://blogs.bmj.com/bmj/2020/03/31/covid-19-the-role-of-palliative-care-had-to-be-adapted-to-manage-this-ultra- emergency/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork&fbclid=IwAR22Oiouh-Y0WEQf6rRrFpRFa5mtn7PFAZrUuUyW65htkg4zsyrJn430ZmI

16. Significativa anche l’esperienza di integrazione nel territorio dell’hospice Giussano – Vimercate diretto da Matteo Beretta, www.mbnews.it/2020/04/coronavirus-aiuti-record-allospedale-di-vimercate-grazie-allassociazione-vivere-aiutando-a-vivere/