Cure palliative: update dal nord America e dal nord Europa

MASSIMO PIZZUTO, SARA MARIA LODI RIZZINI

UO Cure Palliative e Terapia del Dolore, ASST Nord Milano

Pervenuto il 22 gennaio 2020. Accettato il 23 gennaio 2020.

Riassunto. I Paesi anglosassoni hanno una consolidata tradizione di raccolta, confronto, analisi e pubblicazione dei dati di natura sanitaria con intento dichiarato di diffondere le informazioni sia alla popolazione generale sia agli addetti ai lavori a diversi livelli, sia di natura politica che tecnica, al fine di metterli nelle condizioni di operare scelte strategiche in rapporto alle risorse disponibili e di costruire appropriati modelli organizzativi. Vengono qui presentati i risultati di due studi: il primo realizzato negli Stati Uniti e il secondo in Gran Bretagna, entrambi updates di analoghe analisi effettuate negli anni precedenti e i cui dati sono stati con esse confrontati. Lo studio statunitense realizza un focus fondamentalmente su una domanda secca: “all’interno di ogni singolo ospedale di ciascuno Stato che compone l’Unione è presente un servizio di Cure Palliative?”. Viene proposta una classificazione con grading da “A” (miglior risultato) a “D” (peggior risultato) per area geografica e singolo Stato. I risultati complessivi mostrano che, pur in un netto miglioramento dell’offerta di cure palliative dal primo report del 2001 a quello pubblicato nel 2019, le performance mostrano ancora un significativo livello di variabilità tra i singoli Stati e le aree geografiche americane. Lo studio inglese affronta la tematica dell’organizzazione locale dei servizi di cure palliative partendo dall’analisi di 29 indicatori suddivisi in tre aree tematiche: 1) il bisogno di cure palliative, attraverso l’analisi di una serie di indicatori di mortalità; 2) il ruolo delle strutture ospedaliere, attraverso lo studio di indicatori di ricovero e di dying audit; 3) il ruolo delle cure territoriali, attraverso l’analisi di dati relativi al decesso dei pazienti al domicilio, in hospice o presso strutture residenziali non ospedaliere. Ne viene fuori un quadro, anche in questo caso, di tendenziale miglioramento delle performance pur con una variabilità geografica che risente di differenze territoriali, sociali ed economiche. Nel caso del report inglese è interessante sottolineare il modello dinamico di presentazione dei dati che permette al lettore di fruire dei contenuti del database disponibile online in forma di “cruscotto” ricco di mappe geografiche, tabelle e grafici che si modificano in funzione di semplici filtri di ricerca.

Parole chiave. Cure palliative, organizzazione sanitaria, indicatori di processo, indicatori di out come.

Palliative care: update from North America and North Europe.

Summary. Anglo-saxon countries have a long standing tradition in collecting, confronting, analyzing and publishing health data with the clear intent of spreading information to population as well as professionals on multiple levels, both of political and technical nature, to help people make strategic decisions in respect to the available assets and build adequate organizational models. In this paper the results of two studies are showed and confronted: the first was realized in the United States, the other in Great Britain both being updates of similar analysis produced years before. The American study realizes a focus on a straight question: “is there a Palliative Care service inside each hospital of each State belonging to the Union?”. A classification is presented for each geographic area and single State, consisting of four grading from “A” (best results) to “D” (worst results). The final results show that in 2019, even after a significant improvement of the Palliative Care offer since the first report in 2001, there still is a major variability between the different States and American geographic areas. The English study addresses the Palliative Care services local organization issue, starting from the analysis of 29 indicators divided in three thematic areas: 1) need of palliative care, through the analysis of various death indicators; 2) the role of hospitals, through the study of hospitalization indicators and dying audit; 3) the role of local cure services, through patients’ demise data, may it occur at home, in hospice or other residential buildings (care homes, nursing homes). All these elements depict an improvement of Palliative Care services performance, even with a certain geographic variability that suffer because of territorial, social and economic differences. The English case is particularly interesting because of its data presentation, a dynamic model that render the reader able to dispose of the online database contents in the form of a “dashboard”, rich in geographic maps, tables and charts that change through simple search filters.

Key words. Palliative care, health organization, process measures, outcome measures.

Nord America

Il Center of Advance Palliative Care (CAPC) in collaborazione con il National Palliative Care Research Center (NPCRC) ha pubblicato a fine 2019 un update di un report realizzato nel 2015 riguardante la capacità delle strutture ospedaliere americane, analizzate Stato per Stato, di fornire alla popolazione un adeguato livello di cure palliative1. Gli autori riportano, inoltre, una serie di punti chiave al fine di fornire un quadro il più possibile completo dello stato dell’arte della situazione delle cure palliative negli Stati Uniti:

1. oggi si contano dodici milioni di adulti e 400.000 bambini che sono affetti da una patologia incurabile oncologica o non-oncologica;

2. alcuni recenti studi prevedono che tra 15 anni saranno quasi 80 milioni gli statunitensi con più di 65 anni (25%) dei quali almeno l’80% in condizioni di plurimorbilità, e che per la prima volta nella storia gli over-65 supereranno gli under-20 ma soprattutto le donne under-50 che tradizionalmente rappresentano il principale riferimento di caregiving;

3. il mancato riconoscimento dei bisogni di questa popolazione fragile e una inadeguata risposta ai sintomi correlati alla malattia determinano un frequente e inappropriato ricorso a chiamate ai servizi di emergenza, accesso al Pronto soccorso e ricovero ospedaliero;

4. diversi studi e attività di auditing (come un’analisi pubblicata sulle pagine del New York Times nel 2018) riportano come il 22% dei malati con patologia grave in fase avanzata non avesse trovato risposta ai propri bisogni da parte della struttura ospedaliera, il 23% avesse ricevuto informazioni parziali e talvolta addirittura conflittuali da parte dei sanitari, il 21% non avrebbe raccomandato l’ospedale dove era stato ricoverato; e ancora, che il 37% dichiarava di aver esaurito o impegnato in modo consistente i propri risparmi per far fronte ai costi di assistenza, pur avendo il 90% di essi una assicurazione sanitaria; da ultimo, che da più del 30% degli intervistati segnalava come l’attività assistenziale potesse essere causa di stress psico-emotivo e problemi finanziari da parte dei caregiver;

5. il report 2019 del CAPS descrive a tutt’oggi un sistema sanitario ancora prevalentemente orientato al trattamento della malattia e poco o per nulla indirizzato alla valutazione dei bisogni e alla cura della persona malata.

Gli autori del report, inoltre, evidenziano alcuni ulteriori aspetti: non esistono dati aggiornati relativamente alle forze in campo dedicate alle cure palliative: gli ultimi dati risalgono al 2008 e contano 7618 medici palliativisti e più di 18.000 infermieri certificati; nel 2018, tuttavia, il Social Work Hospice & Palliative Care Network (SWHPN) ha realizzato un nuovo programma di formazione e certificazione di quanti operano nell’ambito delle cure palliative. Dal punto di vista economico nel triennio 2016-2018 il sistema Medicare ha riorganizzato il sistema di rimborso con un capitolo specifico per le cure di fine vita: al momento stanno venendo testati nuovi modelli di pagamento per il supporto sociale e le cure palliative domiciliari in specifiche popolazioni di pazienti.

Complessivamente la fotografia che viene scattata del 2019 mostra una situazione ancora a macchia di leopardo sul territorio statunitense, con una variabilità legata all’organizzazione dei singoli Stati, alla natura economica delle strutture ospedaliere analizzate (public, non-profit o for-profit) e al loro dimensionamento. Pur con questa variabilità è evidente, tuttavia, un significativo e progressivo incremento percentuale della presenza di servizi di cure palliative all’interno degli ospedali americani: i dati nazionali mostrano un passaggio dal 7% del 2001, al 53% nel 2008, al 67% nel 2015 e al 72% nel 2019; allo stesso modo, un incremento viene rilevato per tutte le aree regionali nel confronto 2015-2019: New England dall’87% al 92%, Mid Atlantic dal 77% all’81%, South Atlantic dal 64% al 71%, East North Central dal 75% all’82%, East Soth Central dal 43 al 48%, West North Central dal 69 al 72%, Mountain dal 71 al 73%, Pacific dal 77 al 78%.

Il report fornisce il dettaglio analitico dell’organizzazione sanitaria dei singoli Stati che vengono classificati come “A” o “B” a seconda che la percentuale degli ospedali che prevedono in organico un team di cure palliative raggiunga o meno l’80% (sono classificati come “C” gli Stati con percentuale compresa tra il 40% e il 59% e come “D” con percentuale inferiore al 40%): il risultato complessivo rispetto al report del 2015 mostra un miglioramento dello standard con un incremento degli Stati classificati come “A” da 17 a 21 (nel 2008 erano tre) pur con le seguenti differenze:

– geografiche (figura 1): raggiungono complessivamente l’obiettivo del grado “A” le regioni del New England (Connecticut “A”, Maine “B”, Massachusetts “A”, New Hampshire “A”, Rhode Island “A”, Vermont “A”) e del Mid Atlantic (New Jersey “A”, New York “A”, Pennsylvania “B”) e del East North Central (Illinois “A”, Indiana “B”, Michigan “B”, Ohio “A”, Wisconsin “A”); si classificano come “B” le regioni del South Atlantic, West North Central, Mountain e Pacific mentre si fermano al grado “C” le regioni del East South Central e West South Central. Se 4 Stati (Delaware,New Hampshire, Rhode Island, and Vermont) hanno un team di cure palliative in tutti i loro ospedali con più di 50 posti letto (PL), al contrario 5 Stati (Alabama, Missisippi, New Mexico, Oklahoma e Wyoming) si posizionano all’ultimo posto della classifica ottenendo solo una certificazione di grado “D”;

– per tipologia di ospedale: il report entra nel dettaglio delle singole aree regionali e degli Stati; il dato macroregionale mostra come complessivamente gli ospedali non-profit raggiungano il grado “A” (82%), gli ospedali pubblici il grado “B” (60%) e quelli for-profit il grado “C” (35%; la percentuale era 23% nel 2015). Un’altra tipologia di ospedale è rappresentata dai Sole Community Provider Hospital: si tratta di strutture che offrono assistenza a persone che non hanno una copertura sanitaria o vivono in aree isolate (circa il 10% della popolazione); questa categoria assistenziale si classifica su base nazionale come “C” (40%) con percentuali variabili tra l’8% della regione East South Central (“D”) e il 100% del West North Central;

– per dimensionamento della struttura ospedaliera: il dato nazionale mostra come gli ospedali con più di 300 PL si classifichino come “A” (94%) mentre quelli con meno di 50 PL si fermino al grado “C” (36%) con l’unica eccezione della regione del New England dove per gli ospedali più piccoli viene raggiunto il grado “B” (64%);




– per tipologia di ospedale confrontata con dimensionamento della struttura ospedaliera: “non-profit” con 50-150 PL 63% (“B”), con 151-300 PL 86% (“A”), con più di 300 PL 97% (“A”); “for-profit” con 50-150 PL 24% (“C”), con 151-300 PL 34% (“C”), con più di 300 PL 63% (“B”); “public” con 50-150 PL 27% (“C”), con 151-300 PL 73% (“B”, con più di 300 PL 98 % (“A);

– per localizzazione rurale/urbana: il 90% degli ospedali che offrono un servizio di cure palliative si trovano nelle aree urbane; solo il 17% degli ospedali medio-grandi presenti nelle aree rurali si uniformano ad uno standard minimo di cure palliative.

Da ultimo, relativamente alle cure palliative pediatriche, per la prima volta censite dal report 2019 del CACP, l’analisi sottolinea come l’86% dei 56 ospedali pediatrici con almeno 50 PL (per il 95% di natura non-profit e tutti localizzati in aree urbane) presentino un servizio dedicato di cure palliative; tale percentuale si eleva al 100% per l’area geografica del Pacifico.

Regno Unito

Il National Health System, in collaborazione con diverse Istituzioni pubbliche e non-profit inglesi tra le quali l’Office for National Statistics, la Care Quality Commission, il Royal College of Physicians e le charities Hospice UK e Saint Christopher’s Hospice, ha pubblicato a fine 2018 un interessante e approfondito documento che rappresenta un importante contributo al miglioramento della conoscenza dei modelli organizzativi per le cure di fine attraverso l’analisi dei dati di malattia e mortalità e dei loro trend: l’Atlas of palliative care and end of life care in England. Si tratta di un “atlante” che, nella versione online continuamente aggiornata (ultimo update a fine 2019), permette un semplice ed elevato livello di interattività da parte di chi necessiti di analizzare le numerose serie di dati stratificate per anno su base nazionale, regionale o provinciale (e per distretti nel caso per esempio di Londra) e arricchite da tabelle, grafici e mappe geografiche personalizzabili.

Il report introduce, innanzitutto, alcuni dati di mortalità: se tra il 1995 e il 2010 circa si è assistito in Gran Bretagna ad una progressiva riduzione dei decessi annui, successivamente il trend si è invertito e si prevede che da oggi ai prossimi 15-20 anni possa aumentare di almeno un quinto (da 500.000 a 600.000/anno circa); nel decennio 2006-2016 si è assistito ad una moderata ma progressiva riduzione dei decessi annui tra le persone con meno di 75 anni ma ad un significativo incremento dei decessi annui degli over-85 (da 150.000 a 200.000/anno circa); da ultimo, nello stesso arco temporale la comparazione tra fasce di età e principale patologia che conduce alla morte ha mostrato alcuni trend interessanti e significativi come quello del netto incremento di morti correlate a demenza negli over-85 passate da circa 25.000/anno del 2007 a quasi 60.000/anno del 2016.

L’Atlas analizza, nello specifico, 29 indicatori per 21 dei quali è possibile ottenere un’analisi statistica per valore e trend di variazione. La mappa di ciascun indicatore, composta da grafici e tabelle, è accompagnata da una sua preliminare descrizione quali-quantitativa; da un riassunto dei dati più significativi relativi ai valori e/o ai trend riscontrati negli anni; da ultimo, da un commento specifico di analisi generale o di contesto per situazioni o aree geografiche particolari. Collegandosi direttamente agli indirizzi web segnalati in bibliografia è possibile una immediata visualizzazione dei contenuti descritti all’interno delle oltre 130 pagine dell’edizione 2018 del report Atlas of palliative care and end of life care in England2 e di quelli del portale dedicato alle cure palliative realizzato dal National Health System inglese3.

I 29 indicatori, dettagliati nella tabella 1, sono suddivisi in tre sezioni: 1) bisogno di cure palliative e cure di fine vita (10 indicatori); 2) il ruolo delle strutture ospedaliere (8 indicatori); 3) le cure territoriali: domiciliari e hospice (11 indicatori).




Per quanto riguarda gli indicatori della sezione 1 (riconoscimento di un potenziale bisogno di cure palliative), il valore medio nazionale dei deceduti over-75 è risultato pari al 69% nel 2015 (con variabilità per area geografica tra il 52% e il 78%) con un incremento di circa 3 punti percentuali rispetto al 2006. Un altro dato interessante rilevato nel 2011 mostra come circa 1/3 degli over-65 vivesse da solo, pur con un’ampia variabilità geografica (25%-45%) e una incidenza più rilevante per alcune zone di Londra e alcune aree del nord del Paese. Ancora, gli over-16 che in base al censimento 2011 svolgevano un’attività di caregiving non retribuito erano il 12% circa (8%-16% secondo l’area geografica). Da ultimo, riguardo alle principali cause di morte le neoplasie ricorrono nel 27% dei casi nel 2015 senza significative variazioni rispetto al 2006; al contrario, un netto incremento si registra per le morti con diagnosi principale di demenza dall’8% del 2006 al 18% del 2015; l’11% del 2015 contro il 12% del 2006 sono le morti per malattia cardiaca cronica e, rispettivamente, l’8% e l’11%, rispettivamente, per broncopneumopatia cronica ostruttiva; il 9% e il 7% per stroke e, ancora il 3% e il 2% per malattia epatica.

Relativamente agli indicatori della sezione 2 (ruolo degli ospedali), il primo dato riguarda i decessi complessivi in ospedale che appaiono essersi ridotti dal 2006 al 2015 di circa 10 punti percentuali (dal 58% al 48%); inoltre, per circa i 2/3 dei ricoveri questi avvengono negli ultimi tre mesi di vita dei pazienti (nessuna variazione tra 2006 e 2015) e circa il 7% dei pazienti nel 2015 e 5% nel 2006 presentavano 3 o più ricoveri in pronto soccorso negli ultimi tre mesi di vita. Nessuna variazione tra il 2006 e il 2015 riguardo ai ricoveri superiori a 8 giorni che esitano con il decesso del paziente (circa il 50%). Da ultimo alcuni elementi di dying audit realizzato in ospedale: riconoscimento del morire, comunicazione ai familiari riguardo alla morte imminente di un loro congiunto, valutazione olistica dei bisogni di cura, disponibilità di un team di cure palliative all’interno dell’ospedale. I dati 2015 evidenziano un documentato riconoscimento di morte imminente da parte dei medici ospedalieri nell’82% dei casi e una documentata comunicazione di morte imminente con un familiare del paziente nel 79%; inoltre, in due terzi dei deceduti in ospedale è risultato documentato un piano assistenziale di cure palliative nelle ultime 24 ore di vita. In riferimento ad una presenza strutturata di cure palliative all’interno delle strutture ospedaliere, la survey condotta nel 2015 ne ha confermato la disponibilità nel 38% dei 140 ospedali coinvolti nell’analisi: di questi, l’11% offriva un servizio H24 e 7/7 giorni, il 39% un servizio feriale diurno e i rimanenti un mix organizzativo compreso tra i due precedenti.

Infine, gli indicatori della sezione 3 (ruolo dei servizi territoriali): nel biennio 2015-2016 è stato calcolato che il numero di pazienti assistiti da medici di base e bisognosi di cure palliative risultava pari a quasi 40 su 100 deceduti, pur con ampia variabilità per area geografica fino a 9 volte di differenza e un incremento percentuale di circa 10 punti rispetto ad una analoga survey realizzata nel biennio 2012-2013. I decessi in Hospice sono risultati pari al 6% del totale dei decessi nel 2015 (vs. 5% del 2006). “Morire a casa” viene convenzionalmente ritenuto un obiettivo di buona qualità di morte; tuttavia, in Gran Bretagna un terzo degli over-75 non risiede a casa ma in forme abitative alternative (care home o nursing home): l’indicatore “corretto” per queste variabili è rappresentato dal percentuale di decessi nel “luogo di usuale residenza” che nel 2015 sono risultati tali nel 45% dei casi (35% nel 2006). I decessi a domicilio sono aumentati dal 19% del 2006 al 23% del 2015; quelli in home care (sede di residenza di circa lo 0,7% della popolazione over-65) dal 16% del 2006 al 22% del 2015.

Si accennava prima alla fruibilità e gestione personalizzata di tutti questi dati: l’NHS mette a disposizione della popolazione e degli addetti ai lavori un sistema molto raffinato attraverso la pagina www.england.nhs.uk/rightcare/products/atlas che permette di accedere in modo guidato a diversi databases sanitari tra i quali quello relativo alle cure palliative. Il link http://tools.england.nhs.uk/images/EOLCatlas/atlas.html# collega alla pagina delle cure palliative nella quale si apre un cruscotto costituito da diverse finestre contenenti la lista degli indicatori e gli intervalli temporali per i quali è possibile effettuare la ricerca: dall’incrocio di queste prime selezioni automaticamente si modificano le figure e i grafici e le ricerche, così, personalizzate risultano singolarmente inviabili per mail o direttamente stampabili.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Center to Advance Palliative Care (CAPC). America’s care of serious illness: a state-by-state report card on access to palliative care in our nation’s hospitals. 2019. https://reportcard.capc.org (ultimo accesso 15 gennaio 2020).

2. Public Health England, National Health Service, UK. Atlas of palliative care and end of life care in England. 2018
https://fingertips.phe.org.uk/profile/atlas-of-variation (ultimo accesso 15 gennaio 2020).

3. National Health System. Interactive Atlases. UK 2019 www.england.nhs.uk/rightcare/products/atlas (ultimo accesso 15 gennaio 2020).