La radiografia attuale delle cure palliative italiane

Carlo Peruselli

Presidente SICP

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L’Italia è risultata al 21.mo posto in una graduatoria, pubblicata dall’Economist nel 2015, che ha riguardato l’analisi dello sviluppo delle cure palliative in 80 paesi del mondo basata sul “Quality of death Index”, un indicatore complessivo calcolato da un Gruppo di ricerca internazionale supportato dalla Lien Foundation [1] . Un passo in avanti significativo rispetto ad un analogo punteggio che era stato calcolato nel 2010, anche se nel Documento di presentazione dei risultati dell’indagine vengono sottolineate alcune importanti difficoltà che sono state rilevate per quanto riguarda il nostro Paese.

In un articolo pubblicato recentemente da Carlos Centeno su Palliative Medicine [2] , vengono analizzati i dati ricavati da una serie di indagini effettuate negli ultimi anni (comprese alcune prodotte dalla Associazione Europea per le Cure Palliative EAPC) e relative allo sviluppo dei Servizi di Cure Palliative domiciliari, degli Hospice e dei Servizi di consulenza e supporto intraospedaliero negli Stati Europei. I dati, confrontati fra quelli disponibili per gli anni 2005 e 2012, segnalano un importante e significativo sviluppo in Italia dei Servizi di Cure Palliative domiciliari e degli Hospice, anche in rapporto a quanto accaduto durante questi anni in altri paesi europei.

Sta quindi andando tutto bene? Possiamo dirci soddisfatti?

Io credo che dobbiamo riconoscere che molto è stato fatto, in modo particolare per quanto riguarda il contesto normativo nazionale, ormai quasi completato, ma che molto resta da fare e che purtroppo, in qualche caso, stiamo assistendo addirittura a qualche passo indietro che desta preoccupazione. Provo ad analizzare per questo alcuni degli elementi che il “Quality of death Index” ha segnalato come fonte di criticità e di scarsa qualità delle cure palliative nel nostro paese.

  1. L’applicazione non omogenea a livello regionale di quanto previsto dalla normativa nazionale: gli standard previsti non vengono raggiunti in modo omogeneo su tutto il territorio italiano e il monitoraggio regionale per questo è insufficiente. Purtroppo, non mi sembra che la distribuzione “a macchia di leopardo” dei servizi, soprattutto di quelli specialistici domiciliari, stia cambiando: forse sta cambiando la collocazione geografica di alcune “macchie”, per i passi avanti fatti da alcune Regioni o da singole Aziende Sanitarie, ma in qualche caso stiamo assistendo addirittura ad alcuni passi indietro nella organizzazione delle Reti di cure palliative. Alcune Regioni, ad esempio, non hanno previsto di mantenere l’operatività, che in passato era presente, degli Organismi di coordinamento delle Reti Regionali di cure palliative mentre i modelli organizzativi delle Reti Regionali di cure palliative restano ancora fortemente disomogenei, malgrado quanto previsto dalla Intesa in Conferenza Stato Regioni del luglio 2012, e in alcune Regioni ci vengono segnalate ipotesi di sviluppo delle cure palliative, sia sul versante domiciliare che su quello residenziale, che si pongono al di fuori di qualunque normativa nazionale. In quasi tutte le Regioni nulla è ancora stato definito per quanto riguarda il conseguimento della certificazione attestante l’esperienza professionale in cure palliative dei medici senza specialità o con specialità diverse da quelle previste dalla Legge (nonostante la scadenza prevista per Dicembre 2016!) e questo fatto rischia di aumentare le disomogeneità regionali nella erogazione dei Servizi. Per quanto riguarda poi lo sviluppo delle Reti di Cure Palliative Pediatriche, le “macchie di leopardo” sono purtroppo non solo disomogenee ma ancora drammaticamente piccole nelle loro dimensioni. La carenza ancora oggi di un sistema tariffario di riferimento nazionale per le attività svolte nelle Reti di Cure Palliative, dell’adulto e pediatriche, è certamente un fattore aggravante di queste disomogeneità regionali.
  1. Alcuni percorsi di formazione specialistica sono disponibili ma non sono coordinati sul territorio nazionale, né sono ricondotti all’interno di un sistema di formazione certificata ed accreditata. Alcune Università hanno organizzato in questi anni numerosi Master, di I e di II livello, che sono spesso, ma non sempre, strutturati secondo quanto previsto dalla normativa: tuttavia, come abbiamo più volte segnalato anche in recenti incontri istituzionali, quanto previsto dall’Articolo 8 Comma 1 della Legge 38/2010, che si riferisce ai percorsi formativi dei professionisti, soprattutto dei medici, nelle Cure Palliative rimane quasi completamente disatteso
  2. Una persistente ambiguità normativa rispetto alle indicazioni di DNR (“Do Not Resuscitate”) e una persistente difficoltà per molti medici, soprattutto per i non specialisti in cure palliative, ad avere una comunicazione trasparente e veritiera con i malati rispetto alla diagnosi e alla prognosi di malattia. Stiamo partecipando in modo attivo, come SICP, al dibattito in corso in Parlamento rispetto ad una possibile normativa specifica dedicata al consenso informato e alle DAT, Dichiarazioni o Direttive Anticipate di Trattamento. Per questo scopo abbiamo preparato e pubblicato un Documento sul tema del consenso informato in cure palliative, che è citato in modo esplicito come riferimento importante anche in un recente Documento del Comitato Nazionale di Bioetica sulla sedazione palliativa, e abbiamo sottoscritto con convinzione il Documento del “Cortile dei Gentili” sulla relazione di cura e le decisioni di fine vita. Sono passi significativi in avanti che per questi aspetti ci fanno ben sperare, per cercare di risolvere la criticità segnalata nel Documento dell’Economist, ma soprattutto per dare finalmente una risposta alle criticità segnalate tante volte da malati, familiari, operatori impegnati nell’assistenza.
  3. Una consapevolezza ancora insufficiente nella popolazione sul significato e sul ruolo delle cure palliative, pur di fronte a importanti campagne di informazione organizzate a livello nazionale. Per questo aspetto, di grande rilevanza, il contributo di Massimo Pizzuto su questo stesso numero della Rivista Italiana di Cure Palliative [3]  è di grande interesse.

Per superare queste criticità è richiesto l’impegno coerente e il più possibile condiviso di tutti: delle Istituzioni, degli operatori, delle numerose Organizzazioni non profit rappresentate dalla Federazione Cure Palliative. La SICP continuerà a cercare di fare del proprio meglio per questo, nel rispetto dei ruoli assegnati ad una Società Scientifica: collaborazione competente con le Istituzioni Nazionali e Regionali, produzione di raccomandazioni e di linee guida, se possibile condivise anche con altre Società scientifiche, su tutte le tematiche di interesse per le cure palliative (cliniche, relazionali, sociali, spirituali), supporto ai nostri Soci di fronte a segnalazioni di criticità.

Il Congresso Nazionale di Roma sarà l’occasione importante per discutere insieme di questi aspetti e di molte altre tematiche che la RICP, in tutte le sue edizioni, mette costantemente in evidenza, grazie all’impegno costante del Direttore Scientifico della Rivista, Dr. Luciano Orsi, di tutto il Comitato Editoriale e degli Autori che accettano di pubblicare i loro contributi. Sarà un Congresso di grande interesse per tutti noi, con nuove proposte (ad es. l’organizzazione di Laboratori monotematici aperti a tutte le professioni) e la partecipazione di giovani relatori accanto a relatori internazionali e nazionali di grande autorevolezza: sarà anche l’occasione, come sapete, per il rinnovo delle cariche istituzionali della SICP, del nuovo Consiglio Direttivo e del nuovo Presidente Nazionale. Vi aspetto numerosi a Roma per questo!

Bibliografia References