Responsabilità professionale: chi detterà le regole per il corretto esercizio professionale in cure palliative?

Italo Penco

Presidente SICP - Direttore sanitario, Fondazione Sanità e Ricerca

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La possibilità di effettuare cure mediche poco appropriate, mettendo a rischio la sicurezza dei pazienti sotto l’aspetto sia della sopravvivenza, sia della compromissione della qualità di vita, è un tema che non riguarda solo la medicina per acuti, ma ha una grande importanza anche in ambito palliativo. È infatti possibile che un malato si veda sottoposto a terapie sproporzionate con il rischio di subire danni evitabili, ma anche che venga escluso da protocolli terapeutici che potrebbero migliorare la sua qualità di vita.

È, infatti, sempre più frequente assistere ad un approccio “difensivistico” della pratica medica, volto alla tutela del professionista rispetto ai continui contenziosi legali frutto di richieste di risarcimento per i danni subiti, presunti o effettivi che siano.

Questo atteggiamento di tutela personale ha generato una distorsione della medicina a discapito del paziente che subisce pratiche cliniche non appropriate al proprio stato di bisogno e talvolta sproporzionate.

Un simile comportamento da parte del medico non rispetta minimamente il dettame della buona pratica, che lo invita ad attenersi a linee guida e raccomandazioni ufficiali, ma si allinea ad una prassi “protettiva” in netta contrapposizione con il “CHOOSING WISELY”, movimento a cui si sta orientando la comunità scientifica internazionale secondo il quale "FARE DI PIÙ NON SIGNIFICA FARE MEGLIO”.

Tutto ciò, oltre ad esaltare la non appropriatezza medica, ha comportato e continua a comportare un sensibile incremento della spesa sanitaria pubblica e di spese assicurative degli operatori sanitari, in un momento in cui invece sarebbe auspicabile la tendenza inversa.

La legge Gelli, LEGGE 8 marzo 2017, n. 24 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” [1] , pubblicata in G.U. del 17 marzo 2017, n. 64, disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria e della struttura sanitaria pubblica o privata.

Con questa legge si è puntato quindi alla necessità di restituire ai professionisti la tranquillità di poter agire secondo scienza e coscienza e, ai malati, la possibilità di essere risarciti per giusta causa nel momento in cui subiscano un danno.

Tra i diversi articoli della legge mi soffermerò soltanto all’analisi dell’articolo 5 comma 1 in cui “Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali”.

Da ciò si evince che il medico dovrà attenersi obbligatoriamente alle linee guida al fine di non incorrere in situazioni di rischio professionale. Tali linee guida sono regolate con Decreto ministeriale ed inserite nel Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNLG).

La legge prevede sette decreti applicativi ed il primo ad essere stato pubblicato è relativo all’accreditamento delle società scientifiche. Le società scientifiche accreditate produrranno, di fatto e di diritto, le regole per il corretto esercizio professionale.

È evidente che la scelta dei requisiti di accreditamento costituisca un aspetto delicato e importante e il primo decreto applicativo della legge Gelli, D.M. del 2 agosto 2017 “Elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie” [2]  - pubblicato in Gazzetta ufficiale del 10 agosto 2017, n. 186 – prevede una serie di criteri che hanno suscitato non poche perplessità nelle società scientifiche.

La FISM, che rappresenta quasi duecento di queste società, sta cercando di contrattare con il Ministero alcuni aspetti che, se lasciati immodificati, non consentirebbero l’accreditamento alla maggioranza delle realtà scientifiche. I requisiti, infatti, sono piuttosto numerosi e poche sono le società scientifiche che li soddisfano. La FISM ha anche richiesto al Ministero chiarimenti formali sulla compilazione della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà finalizzata all’iscrizione nell’elenco delle società scientifiche.

Sarebbe superfluo dire che per una società scientifica è fondamentale poter rimanere un valido referente del Ministero nello stabilire le linee guida che riguardano la propria specialità. A maggior ragione questo vale per la SICP, se si considera che è l’unica società scientifica di cure palliative in Italia.

Purtroppo, però, alla nostra Associazione, che è ben strutturata e ha già molti dei requisiti richiesti, sembra mancarne uno fondamentale, relativo al proprio atto costitutivo che è di tipo privato anziché pubblico; in altre parole non avrebbe una personalità giuridica riconosciuta.

I tempi ristretti, rispetto alla prima scadenza per l’accreditamento, non consentono di effettuare la modifica dello statuto e la formulazione di un nuovo atto costitutivo, al fine di poter presentare la candidatura presso il Ministero. In occasione della prossima assemblea sarà assolutamente necessario ed opportuno riflettere sul futuro della SICP e sulla utilità di apportare alcune modifiche statutarie, che caratterizzerebbero anche meglio la società stessa.

Le scadenze per la presentazione della domanda di accreditamento sono biennali, abbiamo quindi il tempo per decidere ed organizzare la società in modo che possa diventare, anche formalmente, l’unica società di cure palliative di riferimento per le Istituzioni. Il nostro impegno comunque non si arresta e sono già in via di realizzazione documenti che descrivano le buone pratiche, in particolare, dopo le numerose pubblicazioni degli ultimi anni che ben hanno indirizzato gli operatori ad arricchire le loro competenze, la società si sta impegnando a sviluppare documenti di consenso con altre società scientifiche, soprattutto in ambito non oncologico. È di rilievo l’istituzione di gruppi di lavoro tra i quali quello con la società di neurologia (SIN) ed ora anche con la cardiologia (SIC) creati per rispondere alle esigenze dei nuovi bisogni emergenti.

Bibliografia References